Milan: il derby d’oriente

Fabio Conte

Bastava fosse iniziato una mezz’ora dopo sarebbe stato un orario canonico di una domenica degli anni settanta, bastava che non avessero inquadrato i sorridenti occhi a mandorla dei tifosi, sarebbe sembrato di essere a San Siro con un tifo acceso e continuo ma non organizzato come negli anni sessanta.

Però era sabato, i tifosi indossavano tutti la maglia della loro squadra e la partita, il derby, si giocava a Shenzhen nel sud della Cina una “piccola” città di poco meno di 8 milioni di persone alle porte di Hong Kong e i tifosi italiani hanno visto la partita alla tv. Sono tanti i cambiamenti dal calcio di una volta con cui abbiamo imparato a convivere, se non proprio ad accettare. Le amichevoli di prestigio, di vetrina, usati come viatico alla nuova stagione mi sono sempre sembrate inopportune e rischiose specie se così vicine all’inizio della preparazione. Si rischiano figuracce, s’incontrano a volte rivali con un diverso grado di allenamento ma il prestigio impone di non tirar indietro la gamba. Però sappiamo quanto siano vitali per l’economia del club, per l’immagine ed il brand mondiale, in particolar modo per lo sviluppo nei mercati asiatici che potrà essere perseguito con l’entrata in società di Bee Taechaubol.

La partita di sabato almeno ha messo di fronte due squadre allo stesso livello di preparazione. Ma forse non di convinzione. La scelta di Mancini di schierare una formazione iniziale con molti elementi di rincalzo se non addirittura in predicato di partire, ha sicuramente agevolato il Milan. Anche i rossoneri in realtà schieravano un buon numero di riserve, Calabria, Ely, Matri e Niang, ma la determinazione e la concentrazione richieste da Mihajlovic hanno regalato un passo diverso alla sua squadra per tutta la partita. E quando, a metà del secondo tempo i tifosi del Milan hanno potuto conoscere la nuova coppia d’attacco, l’attenzione e l’entusiasmo hanno cominciato a crescere. Carlos Bacca ha esibito una velocità e uno scatto che riportano al primo Sheva o al giovane Pato. Luiz Adriano ha dimostrato tecnica brasiliana e sagacia tattica alla Bierhoff.  La perla di Mexes ha così suggellato una prestazione che ha regalato fiducia e rinnovate ambizioni. Emblematico il caso del francese, passato da boccone da digerire imposto dalla società a paladino di una vittoria che fa partire col piede giusto la stagione, proprio come il piedone che gli ha stampato scherzosamente Mihajlovic dopo il gol. D’altra parte è sempre un derby, e un derby d’oriente è stato anche l’ultima occasione in cui il Milan ha alzato un trofeo, la supercoppa italiana, nel 2011. C’era ancora Ibrahimovic, chissà se si ricorda, chissà se ci vuol riprovare?

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