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EDITORIALE DEL GIORNO
Milan, le ragioni di una disfatta: la società
Descrivere elegantemente ed in modo oxfordiano il senso di vergogna ed umiliazione patito ieri sera è cosa tutt’altro che semplice.
Una figura meschina, non degna del nome, della maglia, dell’onore, della storia di quello che era una volta il club più titolato la mondo e che adesso, tirando le somme, è un mesto cumulo di macerie.
Fine dei sogni, dei giochi, delle speranze, delle illusioni. La Champions vola via. Come il Campionato. Come la Coppa Italia. Restano briciole, polvere, dichiarazioni e vuote parole, ed un amaro sapore di fiele che ha ragioni profonde. Il Milan non esiste più signori, onore al Milan. Al Milan che per anni ha dominato in Italia, in Europa, nel Mondo incutendo timore agli avversari sol col suo nome. Onore agli invincibili, agli immortali, a coloro che hanno reso gloria e portato la maglia rossonera sulle più alte vette sportive. Quel Milan è entrato nella storia, e lì resterà per sempre.
Quello visto ieri a Madrid, piegato ed umiliato dall’Atletico senza neanche troppa fatica, è tutto fuorchè una squadra: un’armata brancaleone fatta di singoli poveri sia nella tecnica che nel carattere, senza nerbo e voglia di lottare, imprigionata nei propri limiti e nelle proprie paure. E vederla calcare il campo e crollare in balia di qualsiasi avversario, forte o piccolo che sia, dall’Atletico Madrid all’Udinese, fa male, soprattutto a chi, innamorato di quei colori, ne conosce la storia e ne ha vissuto il passato.
La caccia alle streghe non serve perchè non è la soluzione ai problemi. Lo abbiamo sempre detto e ribadito.
Ciò che serve, semmai, è un’attenta analisi, a mente più fredda possibile, del percorso che ha portato il Milan, il caro, vecchio e glorioso Milan, a ridursi in un simile stato. Perchè è indubbio che delle responsabilità per questo Disatro – perchè si tratta di un Disatro – ci sono, ma vanno equamente condivise.
La prima chiamata a rispondere sul banco degli imputati è la Società Milan.
Quella stessa società che il 20 Febbraio 1986 ha acquistato il club sull’orlo del fallimento, ripianandone i debiti, e portandolo, nel giro di tre anni – Dicembre 1989 – sul tetto del mondo a Tokyo (1-0 al National Medellin di Maturana ed Higuita), oggi è la principale artefice del tracollo.
Inutile chiamare in causa la “Storia straordinaria“, il ranking europeo, le vittorie passate, i traguardi raggiunti se il presente è povero ed umiliante. Significa soltanto prendere in giro i tifosi, ed i tifosi non sono stupidi. Sbandierare ai quattro venti la competitività di una rosa la cui forza è sotto gli occhi di tutti altro non fa che acuire, in chi ama questi colori e questa maglia, il distacco verso chi si rende autore di queste frasi e rappresenta i vertici del club. Spiace dirlo, ma molti di noi, moltissimi, in questo modo di fare, di lavorare, di programmare, non si riconoscono più.
Inutile tacciare di “tradimento della causa” chi, come Boban, senza peli sulla lingua, esprime con poche ed essenziali parole lo stato delle cose: “Il Milan era una società seria”. La serietà, oggi, dalle parti di via Aldo Rossi, è solo un ricordo.
Inutile vendere tutti i migliori (Ibrahimovic, Thiago Silva, Kaka e non solo) rimpiazzandoli con pseudo-giocatori scarti di altre squadre in prestito o parametro zero e poi paventare obbiettivi impossibili ed inesistenti. Questo Milan è una squadra che, se avesse un altro nome, lotterebbe per non retrocedere. Solo per non retrocedere.
Vero, il Fair Play Finanziario impone limiti ferrei verso l’equilibrio tra entrate ed uscite (deficit massimo per il biennio 2011-2013 di 45 milioni), ma questo da solo non basta a spiegare l’amara realtà. La Juventus, per fare un esempio, 7a ed anonima nell’anno dello scudetto di Allegri ed Ibrahimovic, dal 2011 ad oggi, ha superato e surclassato il Milan, nel campo, nelle trattative, nella serietà del progetto. Niente cifre folli ma acquisti oculati (Lllorente parametro zero, Pogba a parametro zero, Vidal a 10, 5 mln, Tevez a 9 mln) e giovani del settore giovanile (Marchisio) che stridono con le cifre rossonere (13 mln per il riscatto di Zapata e Constant, 11 mln per Matri). Senza contare l’animato di Honda e gli acciacchi di Essien, giocatore dal glorioso passato ma ormai vecchio e logoro.
Impietose le parole di Arrigo Sacchi ieri del dopo-gara di Madrid:
“Galliani e’ sempre stato un super uomo di mercato,ma non puo’ offendere la sua intelligenza,prendendo seppur a parametro zero,giocatori ormai finiti,stanchi ,ricchi di infortuni con nomi eccellenti e passato glorioso,pensando di recuperarli…”
Senza programmazione e volontà di investire in un progetto serio, i risultati sono questi. Amen
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foto: ilgiorno.it
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