Milan: meno male che Silvio c’era

Fabio Conte

Il Milan degli olandesi, il Milan di Sacchi, il primo Milan di Berlusconi. Un mito per chi l’ha vissuto e per chi ne ha sentito parlare.

Chi lo ha conosciuto solo dai filmati ricorderà l’enorme tasso tecnico e il gioco brillante nelle scintillanti vittorie che tutti i milanisti hanno nel cuore. Ma chi quel periodo l’ha vissuto ricorda anche come quella squadra sia nata non senza qualche difficoltà. Un allenatore sconosciuto, qualche sconfitta inattesa e soprattutto l’eliminazione dalla Coppa Uefa, faceva dire a qualcuno che Sacchi non avrebbe “mangiato il panettone”. Anche il Presidente non si conosceva allora. Lontano dalle velleità politiche non era che un giovane ed intraprendente imprenditore dal fare energico e guascone, con idee innovative e la passione per il calcio. Pure le aspettative dei tifosi erano diverse: si sperava di tornare a far bene e a vincere qualcosina, ogni tanto anche ogni tre o quattro anni, giusto per ripulirsi dall’avvilente inizio degli anni ottanta. Invece ci si trovò con due fantastici stranieri che s’innescarono in una base italiana eccezionale. Gli uni davano lustro agli altri. Il visionario allenatore portò tutti alla ricerca di un’utopia, e dopo poco la trovò: vincere attraverso il bel gioco. Ma soprattutto si capì che la proprietà non era solo ricca ma che aveva creato una società stabile e ben gestita.

Questa è storia, e non voglio assolutamente paragonare la situazione di allora a quelle di oggi. Altro calcio, altri giocatori, altre situazioni sociali ed economiche, altri e ben diversi protagonisti. L’unica cosa che si può riproporre è che la società sostenga e difenda la scelta tecnica con cui si è iniziato a operare e con cui si è progettata la stagione. Bene ha fatto secondo me Fassone a sferzare l’ambiente dopo l’imbarazzante prova con la Sampdoria. Bene ha fatto Mirabelli a smorzare i toni polemici e difendere Montella dopo la sfortunata sconfitta con la Roma. Bene farebbe la società a continuare con il tecnico qualsiasi possa essere il risultato del derby prossimo venturo. Tante difficoltà e delusioni delle ultime annate sono nate anche per conduzioni tecniche poco o mal supportate dalla società, alla ricerca di una cambiamento fine a se stesso, incapace di valutare le qualità di fondo della squadra. Quando il Milan ha cominciato a far l’Inter, esonerando Allegri a metà campionato 4 anni fa sono iniziate le indecisioni tecniche, le delusioni e le insicurezze che sono state difficili da disinnescare. Ancora oggi ne vediamo qualche strascico appena si presenta qualche difficoltà, e quest’anno si poteva supporre che ce ne fossero visto la massiccia campagna acquisti e le tante novità.

Per questo è risultata quindi ancor più inopportuna l’uscita di Berlusconi sul Milan attuale. Detto che può esprimere liberamente il suo parere, mi pare che le argomentazioni dell’ex presidente non siano state inoppugnabili. Lui ha deciso di cominciare a vendere le sue stelle migliori depauperando il livello della squadra di allora. Lui ha scelto o avvallato alcuni dei tecnici che non sono riusciti a ricondurre in alto la squadra che d’altronde aveva un ridotto tasso tecnico perché lui aveva deciso di non investire più nel calcio limitandosi a ripianare gli infelici bilanci, bontà sua, ma avendo perso l’entusiasmo degli anni d’oro, pungolato alla vendita dalla famiglia. Non ha organizzato bene neppure la cessione della società tra incertezze, curiose valutazioni e mancanza di chiarezza. Ha minato l’unica stagione che tra altri e bassi faceva riaffacciare il Milan alla normalità, mettendo in difficoltà una squadra ancora insicura, con il cambio dell’allenatore prima della Coppa Italia. Ma ha incassato senza battere ciglio, anzi con un bel sorriso fotogenico, l’ultimo trofeo della sua gestione, criticando irriconoscente oggi chi gliel’ha portato e rimpiangendo un onesto Brocchi che ha avuto oggettive difficoltà anche tra i cadetti.

Chi ci ha lavorato dice che Berlusconi agli inizi fosse dieci anni avanti. Oggi le sue uscite fanno malinconia, e dà sollievo che non siano più i rimproveri del proprietario ma quelle di un vecchio appassionato, da onorare ma non da seguire. La realtà parla di Fassone, presidente il loco, che dà fiducia al tecnico, e di un allenatore che pensa al derby prossimo venturo, così come tutti i tifosi, tra apprensione ed impazienza, trepidanti e smaniosi. Quanti ne potrebbe raccontare, di esaltanti e storici, Silvio se pensasse al bel Milan che aveva? Quello sarebbe stato un intervento che avrebbe suscitato della nostalgia e qualche rimpianto e sicuramente caricato l’ambiente, mentre così è passata come la sparata del Presidente, liquidata con una scrollata di spalle perché non è più il presidente.

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