Milan: Romagnoli capitano scatenato

Fabio Conte

Non si sa chi avesse maggiori problemi domenica sera al Dacia Arena tra Udinese e Milan. Con quattro sconfitte nelle ultime cinque gare i friulani si sono presentati con preoccupazione e voglia di rivalsa.

Il Milan invece, dopo la “mazzata” del derby, come dice Gattuso, si è ripreso con le vittorie con le squadre genovesi, magari non del tutto convincenti, ma è arrivato in Friuli contando parecchie assenze tra i titolari. La partita di Udine comunque si presentava come un bivio della stagione prima della complicata partita a Siviglia contro il Betis, in un’altra competizione, prima della partita con la Juve, che è di un altro pianeta, prima della pausa per la nazionale, che è un altro discorso. È sembrata da subito una partita aperta, che può piacere al tifoso milanista sapendo di avere tra le sue fila un campione assoluto che può sempre segnare, che può sempre fare la differenza. Ma se intorno al 30’ il Pipita comincia a lamentarsi per un dolore alla schiena e poi esce, la partita vivace fino ad allora diventa equilibrata e i rossoneri perdevano quel quid in più che rendeva ottimisti. Entrambe i tecnici avevano bisogno della vittoria, o meglio non potevano permettersi la sconfitta così s’è visto un calcio a cui non siamo abituati.

Due che s’incontrano a viso aperto, senza farsi troppo male per la verità ma non risparmiando colpi, cercando la vittoria come fosse l’ultima chance, come ci fosse un finale da scrivere. No, non una finale ma un finale, una storia, un film. Più che una gara di campionato mi ha ricordato un incontro di pugilato, del mito hollywoodiano del pugilato. Mi sono venuti in mente alcuni film sulla boxe da “Lassù qualcuno mi ama” a “Rocky”, e “Toro scatenato” su tutti. Non tanto le storie romanzate ma le riprese ravvicinate e cinematografiche degli incontri, cruenti ma mai definitivi. Così i cambi di campo e le ripartenze sembravano jab e colpi ai fianchi, mentre i tiri e le occasioni ganci e uppercut. Chi resisterà, chi darà l’ultimo colpo? E sembrava di vedere nei primi piani e negli occhi dei protagonisti, in tv nel calcio come al cinema per la boxe, gli sguardi dubbiosi, esitanti o determinati, di agonismo o d’incertezza che solo le riprese ravvicinate possono regalare.

La partita di Udine, ha regalato così un incontro gagliardo che non risparmiava colpi, e in cui s’intravedevanole difficoltà, la voglia di vincere e anche il dubbio e la frustrazione di non farcela. Giocando a viso aperto sembrava che il Milan avesse qualche colpo in più come il superlativo De Niro nei panni di Jack La Motta in Toro Scatenato, mentre l’Udinese ricordava un po’ il generoso e giovane Sylvester Stallone dei primi due Rocky. Quando ormai sembrava che ci si dovesse appellare al personale cartellino di ognuno di noi per decretare il platonico vincitore di una partita pareggiata, ecco l’azione che con ganci e affondi metteva alle corde i tenaci friulani e il decisivo knockout chiamato Romagnoli, che non lasciava all’arbitro nemmeno il tempo per fare il conteggio. KO e incontro finito. Onore agli sconfitti, storditi, ed esaltazione per i vincitori che devono ricordare però che è solo una vittoria per cercarne altre, una serata felice prima di nuove sfide. Ma lo sport è così, pugilato o calcio che sia, guai fermarsi, guai gloriarsi se non alla fine del proprio destino. Ecco forse perché mi sembrava un film: una storia che cerca risposte più profonde o che si apre a più interpretazioni, non solo una gara sportiva. Il film di domenica sera ha raccontato la forza dello sport, unico e mai programmabile; ha detto che il Milan c’è, che la squadra nonostante gl’infortuni vuole provare a uscire dalle difficoltà del campionato e da una situazione che, nelle pieghe della trama, solo oggi fa capire quanto potesse essere drammatico il passaggio societario quest’estate. Quale miglior protagonista dunque di Alessio Romagnoli, il capitano, quello che ha firmato il rinnovo, per ottimismo o incoscienza, quando tanti se ne volevano andare? È per questi momenti che uno gioca al calcio, ha dichiarato, dedicando il gol ai tifosi. È per una partita così che vengono in mente metafore, paragoni e sogni: perché il calcio e la vita sono come un film di cui non si conosce il finale.

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