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EDITORIALE DEL GIORNO
Milan: una triade equivoca

Se si parla del Milan vengono subito alla mente colori e persone. Il rosso e il nero innanzi tutto, il bianco dei numeri e dei nomi, il prato verde.
Il riflesso argenteo delle coppe ancor più del tricolore, comunque presente come nessuno in Italia, a parte quelli che le coppe se le sognano. Poi ombre, colori di riflesso cupi e smorti: quelli degli altri.
Sono tanti i nomi e le gioie riaffiorano se si dice Milan. Dipendono un po’ dall’età però, dall’imprinting. Ancora oggi, dovessi rispondere di getto, direi Rivera e Prati ma ho visto affiancarsi alla mia passione chi nominerebbe per primo Baresi, Gullit, Van Basten, Maldini, Savicevic, Weah, e poi Shevchenko, Kakà, Seedorf, Ronaldinho Inzaghi o Ibrahimovic. Questi ultimi hanno giocato con Gattuso, e a lui i tifosi erano particolarmente legati per la grinta messa in campo, e sono particolarmente legati per come ha ridato senso, da allenatore, a un’annata che sembrava perduta. Altri allenatori sono rimasti nell’immaginario: Ancelotti, Capello e prima Sacchi che ha inventato un sogno. Ma l’imprinting mi fa dire Rocco e anche Liedholm. Ci si ricorda, leggendo, anche dei grandi presidenti, da Piero Pirelli che costruì San Siro, ad Andrea Rizzoli che vinse la prima Coppa dei Campioni e Franco Carraro, per la seconda. Ma in questo campo, volendo appositamente dimenticarne qualcuno, il ruolo da leone lo ricopre Silvio Berlusconi per titoli vinti, durata di presidenza e anche per rilevanza del personaggio.
Sarà il nome inconsueto, sarà perché non siamo abituati all’esotico, ma credo che fra vent’anni, forse dieci, oppure due, si farà fatica a ricordarsi di Yonghong Li come presidente. Magari sbaglio ma il businessman, il tycoon, il broker, insomma il signor Li non credo abbia il giusto appeal per passare alla storia vincente del Milan. Intanto per la presenza. Arriva di tanto in tanto, dando poco spessore alla sua conduzione, e girando per l’Europa a cercar, così dicono, finanziatori. Non rilascia dichiarazioni, e quando lo fa, non approfondisce i temi, né concede il contraddittorio. Sembra un po’ un imperatore che si concede ai sudditi, iconografia classica per un cinese, ma repertorio da film per gli europei, e per gli italiani in particolare, più tendenti comunque al neorealismo. Né, per confutare e avvallare questo status di presunta autorevolezza, ha mai chiarito e dimostrato la ricchezza che dovrebbe contraddistinguerlo. In fondo, dicono in tanti, Fininvest ha ricevuto tutto il pattuito. Calma, ricordiamo i rinvii delle scadenze per i saldi delle trance promesse, fino alla fatidica ultima frazione che doveva chiudere l’affare trovata e concessa dal fondo Elliott, grazie anche all’intercessione di Marco Fassone. E, infatti, oggi chi viene considerato presidente effettivo è proprio il manager piemontese. Senza quell’intervento l’affare sarebbe andato a monte non senza aver prima regalato alle casse di Fininvest circa 400 milioni a fondo perduto. Così, quel prestito favorito da Fassone ha concretizzato l’acquisto di Li grazie ai 330 milioni di Paul Singer patron del fondo che però ha avuto l’intera società Milan a garanzia. Per essere davvero presidente Yonghong dovrebbe rispondere alle nuove richieste di soldi per la gestione ed a una domanda cruciale: se Li troverà i soldi, ma li avrà davvero? Tutti dicono che Singer potrebbe subentrare e diventare proprietario del club rossonero, almeno temporaneamente. Tutti lo dicono ma nessuno ne ha la certezza: è la logica a suggerirlo, ma il mondo non è sempre logico, tanto meno quello degli affari. La logica indica però che il fondo avrà tutto l’interesse a far sì che la squadra si valorizzi al massimo per poterla vendere con buon profitto; quindi la speranza di Singer è di arrivare a possedere un club di prestigio con un esborso minimo: si capisce perché concederebbe volentieri ancora una trentina di milioni.
Ci sono dunque un presidente di nome, un presidente supplente, e un presidente in pectore. Tanta roba, troppa, per chi era abituato a un solo Presidente che faceva l’imprenditore, il politico e anche l’allenatore.
Per il bene del Milan bisognerà che la triade Li, Fassone, Singer si sciolga e che si concretizzi al più presto l’arrivo di un proprietario ambizioso e facoltoso che riaccenda i sogni dei tifosi senza se e senza ma. Poi Fassone potrà anche continuare a fare il gestore e manager, cioè l’amministratore delegato, ma delegato a spendere dei soldi che ci siano e non incaricato a trovarli bussando a cento porte.
Se, come pare, i 10 milioni necessari per l’ordinaria amministrazione siano arrivati alla fine dalla Cina, sarà ora di volgere l’attenzione al campo, dove in meno di una settimana il Classico e il derby metteranno la squadra di Gattuso di fronte a due gare fondamentali per la classifica e per il prestigio. Speriamo che questa sosta e questi rumor societari non abbiano fatto perdere la concentrazione e la determinazione che sono state le prerogative del Milan di Gattuso negli ultimi mesi. L’ultimo a regalare una vittoria in casa della Juve è stato Rino, chissà non riesca a suggerire una “ciofeca” anche per lo Stadium.
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