Milan: somiglianze pericolose

Fabio Conte 2

Oh ragazzi, che ridere, vi ricordate? Che risate ci facevamo con quella squadra che bazzicava Milano e nonostante gli sforzi non vinceva mai?

Dai, tutte le estati erano lì, sotto l’ombrellone a leggere di presunti campioni in arrivo da affiancare a supposti campioni già in rosa e poi, prima di Natale, a parlare di stagione fallimentare. Tra l’altro qualche fenomeno lo beccavano pure, ma veniva assorbito nel marasma dell’incertezza che reggevano quella società. Saltavano da un allenatore all’altro alla prima difficoltà di classifica e ne cambiavano anche due o tre nella stessa stagione, appellandosi magari a vecchie glorie che più di tanto non riuscivano a fare. Che ridere a pensarli a casa a rimuginare e gufare mentre i rossoneri facevano trasferte per finali mitiche. E si rideva anche quando scivolando regalavano scudetti a quegli altri, quelli che di solito se li fregavano da soli, ma che vuoi fare, le cadute inaspettate sono un classico della comicità.

Gli anni novanta e i primi del nuovo millennio sono però sempre più lontani. Oggi chi diverte tutto il mondo calcistico è il Milan: è diventato l’Inter di una volta. I tifosi della più antica e gloriosa squadra di Milano non si capacitano di essere diventati la barzelletta d’Italia.

Non accettavano il decadimento dell’era Berlusconi, anche perché ricordavano quali vette fosse riuscito a raggiungere il suo Milan, ma il cambiamento auspicato dai più, sta rivelando delle difficoltà temute da qualcuno e con degli errori tipicamente interisti. I nuovi acquisti non sono così forti, né possono essere diventati fenomeni i giocatori che già c’erano. Il progetto tecnico sembra incerto e non si son chiariti i tempi necessari per una crescita lenta e programmata, per tornare cioè ad avere solide basi tecniche. Ovviamente però, non c’era il tempo di aspettare e si sono dichiarati traguardi troppo ambiziosi a cui i tifosi, ottimisti per natura, hanno subito creduto. Il tempo manca perché il progetto manageriale è stringato e ottimisticamente basato su vittorie difficili da assicurare con una squadra collaudata, figurarsi con una squadra da assemblare e da valutare.

Siamo ritornati alle paure di tre anni fa quando qualsiasi squadra si incontrasse pareva più forte del Milan e capace di metterla in difficoltà. La situazione è grave perché non si vede, né si sente, una mano forte sul timone che possa condurre fuori dalla bufera. E assomiglia ad una situazione che speriamo sia solo assonante che nei primi anni ottanta vedeva una proprietà ombra (Colombo) con un Presidente supplente (Morazzoni), un cambio di proprietà discusso (Farina), un sergente di ferro in panchina (Radice) tante sconfitte in poche partite e un attacco asfittico.

Ieri alla presentazione del libro di Carlo Pellegatti “Favole portafortuna per milanisti da 0 a 99 anni” l’ad Fassone ha cercato di chiarire l’indirizzo della società. Per il Voluntary Agreement le richieste Uefa sembrano oggettivamente contraddittorie, anche se non si capisce perché, viste le pretese, non si sia orgogliosamente abbandonato il tavolo delle trattative prima della scontata sentenza.

Che lo stadio sia datato ed enormemente migliorabile, è vero, ma è anche storico. In più è condiviso, concesso direi, con un’altra squadra a cui non si può in nessun modo lasciare la continuità di una creazione rossonera di cui si appropriano e si vantano già oltre il consentito dalla decenza.

Per quanto riguarda la riservatezza della proprietà si rasenta il ridicolo, come neanche alcune sconsiderate uscite di Berlusconi riuscivano a raggiungere. Non esiste un imprenditore che voglia commercializzare, in tutti i sensi, una sua attività che si rifugi dietro il riserbo. È un atteggiamento poco limpido che non dà fiducia all’ambiente, alle istituzioni e agli sponsor ed è, diciamolo, anche un po’ sospetto. Il fatto che possa essere un atteggiamento consueto in Cina mi pare una considerazione curiosa quando si fa un investimento in un’altra realtà di cui si dovrebbero conoscere usi e costumi, o quantomeno, a cui ci si dovrebbe adeguare.

Il ritiro infine mi sembra sia un retaggio di anni passati e di un calcio diverso. Oggi credo sia inutile, vessatorio, irritante. Nessuno dei giocatori mi pare abbia tirato indietro la gamba domenica: semplicemente hanno espresso i propri limiti qualitativi. Allenatore compreso. E se dopo le bacchette magiche inefficienti di Pippo Inzaghi, neanche le analogie agiografiche di Rino Gattuso sembrano funzionare ricordiamo che, come raccontava Abatantuono, nel portafoglio del nonno c’erano due “santini”: Padre Pio e Gianni Rivera. A chi gli chiedeva chi fossero rispondeva: uno fa miracoli, l’altro è un popolare frate pugliese. Ecco, al Milan servirebbe uno di quelli che fan miracoli, magari due.

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