Montolivo capitano di stile, Maldini capitano di coerenza

Fabio Conte 2

Una volta la nazionale era una scocciatura. Distogliere i giocatori che dovevano concentrarsi sugli importanti appuntamenti di Champions e campionato, per giocare, magari, contro squadre di nazioni di cui non si conoscono i confini, innervosiva il tifoso milanista.

Forse capita ancora a quelli juventini, ma non avendo grandi impegni i rossoneri seguono oggi con curiosità la chiamata in azzurro dei giocatori milanisti, e anche con un pizzico d’orgoglio: visto che non sono così scarsi, vien da dirsi.  Ci son stati momenti, nelle scorse stagioni, quando uscire dai meccanismi di Milanello, per alcuni, sembrava proprio una ventata d’ossigeno. Non è il caso di oggi, dove Montella sembra per ora essere riuscito a stabilire un clima di tranquillità, per far crescere gradualmente la squadra, aiutato anche dai risultati fin qui positivi. Così si è seguito queste partite dell’Italia, basilari tra l’altro in chiave qualificazione, tifando il rossonero nell’azzurro e con gli azzurri. Le due gare ci restituiscono un Romagnoli maturato e convincente, come abbiamo imparato ad apprezzare l’anno scorso. De Sciglio, che pare comunque trovarsi meglio coperto da tre difensori, tra chiaroscuri, ma duttile tatticamente anche sull’altra fascia. Un Bonaventura positivo con la Spagna, ha aiutato entrando, la reazione della squadra. Qualche difficoltà nel centrocampo, leggero e tecnico, che doveva supportare contro la Macedonia, ma sicura prima scelta. Poi molte foto di Donnarumma, sorridente e felice di poter vivere il sogno azzurro senza averne l’età, ma potendo apprendere tanto tecnicamente e sul piano d’esperienza internazionale.

Discorso a parte merita Riccardo Montolivo. Si è infortunato ancora con la nazionale, dopo la rottura della tibia che gli fece saltare l’ultimo mondiale a dieci giorni dall’inizio. Oggi, per il crociato, rischia uno stop di sei mesi, tempi lunghi e importanti anche in considerazione dell’età, non più verdissima. Tempi lunghi e difficili anche per il Milan che deve trovare un sostituto in mezzo al campo. Locatelli, che proprio nell’ultima gara in rossonero, l’ha ben sostituito, segnando anche un gol decisivo per la vittoria in recupero sul Sassuolo, ha solo diciotto anni. Proprio l’esperienza di un trentenne e l’esuberanza dell’esordiente potevano essere mixate a portare vantaggi ad entrambi, e alla squadra, in un ruolo nevralgico. Sulle spalle di Montolivo sono state caricate molte delle responsabilità delle delusioni degli ultimi anni. Non sarà un giocatore scintillante e certamente la velocità non è una sua prerogativa, tra l’altro non necessaria nel suo ruolo. La rapidità di esecuzione di un passaggio poi, spesso dipende dai movimenti o dagli automatismi che una squadra dovrebbe fare e conoscere. Ho visto inveire contro di lui allo stadio, in situazioni di difficoltà tattica di tutto il gruppo, non riconoscendogli mai un applauso, anche di fronte a buone prestazioni, pronti anzi a fischiare un errore banale dopo 80 minuti giocati senza sbavature. In ogni caso ha sempre accettato tutto, senza un gesto di stizza od insofferenza. Non è il primo, non sarà l’ultimo; quando la vox populi prende piede è difficile opporvisi. Difficile ed impopolare. Ma personalmente rimango del mio pensiero che, se supportato da altri centrocampisti storici del Milan ad esempio, o messo ipoteticamente in formazioni vincenti degli anni scorsi, anche il suo rendimento verrebbe visto in altra ottica. Questo, però, è un giudizio tecnico e personale. Opinabile. Quel che non è opinabile, a mio parere, è la caratura della persona. In un tweet di lunedì, dopo i ringraziamenti a chi l’ha sostenuto in questo momenti difficili, Montolivo dedica “una carezza” a chi gli ha augurato infortuni ed addirittura la morte sperando che “la vita riesca a farvi crescere in educazione e rispetto dell’essere umano”. Parafrasando De Gregori è proprio da questi particolari che si dovrebbe giudicare un giocatore. Ed un capitano.

A proposito di capitani, oggi ha parlato Paolo Maldini. Con un comunicato ha chiarito, spiegato, sezionato le ragioni del suo no. Un no al ritorno nel Milan, troppo velocemente e malignamente criticato e additato come ricerca di lucro. Anche prima delle sue parole mi sembrava  si dimenticassero lo spessore e l’intelligenza dell’uomo. Risibili e sospette poi, le voci uscite sulla sua scolarizzazione. Sicura l’esperienza, coltivata nella trentennale visione interna delle dinamiche di una delle più grandi società calcistiche. No, tutti o quasi, si son dimenticati, o hanno voluto tralasciare, quello che Maldini aveva subito chiesto di valutare: le garanzie e i programmi per il futuro del gruppo entrante. E queste, evidentemente, non gli sono state date. Se anche il suo ruolo non ha avuto poi, la definizione che cercava, mi dovete spiegare perché avrebbe dovuto metterci faccia e nome per far sventolare una bandiera di garanzia, per un futuro incerto. Chi sta organizzando oggi l’organigramma, sta mettendo in gioco solamente un’esperienza professionale come altre. Sui futuri soci, si coniugano tutte le varianti del condizionale, ma a tutt’oggi non c’è niente di certo. Se si andasse a comprare qualcosa di valore, dovrebbe essere naturale avere l’ambizione e l’orgoglio di  esibirlo. Siamo di fronte invece ad un profilo talmente basso, che appare talvolta assente, che contrasta con le voci e nomi di società che escono cadenzate, puntuali direi, di cui si raccontano mirabilie, ma con pochi riscontri e neanche uno straccio di rappresentante, pronto almeno ad una dichiarazione d’intenti. Mentre i personaggi che si sono esposti fin ora, sembrano sconosciuti e poco convincenti, come ha ben descritto nella sua inchiesta, Marco Iaria sulla Gazzetta.

Mi spiace, ma anche sta volta sto con Maldini, capitano e milanista.

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