Una prova d’immaturità

Soccer: Serie A; Empoli-Milan

Non ci siamo. Proprio quando il Milan era chiamato a dare la prima vera sterzata alla sua stagione, è arrivato un brutto tonfo casalingo.

Quanto successo in quest’ultima partita smorza l’eccessiva ondata di entusiasmo precedente, figlia dei 4 punti conquistati contro Napoli e Roma, poi oltremodo rinvigorita dalla vittoria sul Real Madrid di Carlo Ancelotti in amichevole, durante la sosta, a Dubai.

La chiusura del 2014 poteva far pensare che la squadra di Inzaghi avesse cambiato marcia, invece aveva risolto solo parzialmente i problemi: imparava definitivamente ad affrontare formazioni che vogliono imporre il loro gioco per 90 minuti, e che sanno di avere le qualità per farlo.

Ragionando razionalmente, bisogna farsi una domanda: la sconfitta contro la squadra di Di Francesco è davvero così clamorosa?

Dall’inizio della stagione il Milan fatica con squadre che lo affrontano in modo diverso, non a viso aperto, lasciando principalmente nelle mani dei rossoneri il pallino del gioco.

La squadra ha, fino a qui, sempre mostrato una buona organizzazione quando si tratta di impostare le partite sulle ripartenze, diversamente è sempre andata in difficoltà e gli esempi sono molti: i punti persi con Cesena, Empoli, Cagliari e soprattutto, per la pochezza del gioco espresso, le sconfitte con Palermo e Genoa.

L’ultima prestazione contro il Sassuolo, dal principio, sembrava essersi messa sul binario giusto dopo i primi 15 minuti, dove il Milan aveva iniziato bene il match andando in vantaggio con Poli e mostrando una buona intensità di gioco affiancata da una discreta circolazione di palla.

Peccato però che le partite durino 90 minuti e nei restanti 75 i rossoneri siano stati incapaci di gestire il vantaggio in maniera autoritaria, non prendendo mai le misure al tridente d’attacco neroverde Berardi-Zaza-Sansone, che già aveva messo in difficoltà le prime della classe Juventus e Roma.

Il risultato finale è noto: il Sassuolo ribalta la partita e rimangono tanti interrogativi come, ad esempio, la scelta di Essien vertice basso di centrocampo nel 4-3-3 iniziale.

A prescindere dal mercato, se si analizza il Milan di questa stagione, la rosa della squadra soffre in particolar modo la mancanza di un centrocampista di qualità, da schierare davanti alla difesa, che sappia interpretare al meglio le due fasi di gioco e che garantisca più personalità alla manovra rossonera (non è De Jong).

In questa partita era lecito aspettarsi una scelta diversa da parte di Filippo Inzaghi, ossia quella di schierare Montolivo in quella posizione dall’inizio, non di spostarcelo quando il risultato ti imponeva di essere più propositivo; più che altro perché il centrocampista azzuro è l’unico in rosa con le caratteristiche per provare ad interpretare quel ruolo.

Adesso il calendario dice Torino in trasferta e Atalanta in casa, due partite difficili perché molto simili, sulla carta, a quella appena persa contro il Sassuolo.

Evidentemente una squadra che, in teoria, ha come obiettivo stagionale il terzo posto deve imparare a giocare queste partite con un piglio diverso: serve più personalità, più intensità, più compattezza e, in particolar modo, più maturità o altrimenti il pass per l’Europa che conta lo staccherà qualcun altro.

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