La maglia e i casciavitt

Fabio Conte

Ipotizzare che tutte le colpe fossero di Inzaghi non lo pensavo né io né i tifosi né, credo, il peggior critico di Pippo. Le responsabilità del tecnico del Milan sono state spesso analizzate alla luce delle prestazioni della squadra ed enfatizzate dalle dichiarazioni di fine gara oltremodo ottimiste, buoniste direi.

Cosa che ha riparato la squadra da critiche, pressioni e compattato lo spogliatoio. Troppo forse. In ogni intervista tutti i giocatori si son sempre schierati con l’allenatore. Vista però la prestazione di Udine ci si domanda se i giocatori non si siano sentiti troppo sicuri dietro lo scudo alzato da Inzaghi, dietro le scuse delle carenze di gioco. Se il giovane Mister può aver commesso degli errori, bisogna capire quanto i giocatori abbiano creduto – o quanto abbiano voluto dare – al progetto tecnico, ma soprattutto quanto abbiano dato a livello di  determinazione, temperamento e carattere. Se l’alternanza dei risultati di inizio stagione, il momento buio di inizio anno, ed infine il pessimo derby seguito dalla sconcertante partita di Udine vengono visti con le lenti delle carenze caratteriali dei giocatori, tante prestazioni assumono diverse chiavi di lettura. Ben pochi di chi indossa oggi la maglia rossonera avrebbero potuto giocare nei Milan vittoriosi, diversi avrebbero sentito nello spogliatoio il ruggito – e forse assaggiato i tacchetti – di chi in campo dava tutto e pretendeva altrettanto. Ma evidentemente in questa rosa non ci sono leader in grado di trasmettere la scossa nei momenti cruciali. Così, mestamente, aspettiamo la fine di questa disgraziata stagione sperando in un sussulto di dignità da parte di tutti, perché tutti hanno contribuito ad essere in questa situazione. La società,  scommettendo sull’icona Inzaghi senza tenere in considerazione l’esigenza di esperienza per gestire questa rosa. Il Mister, coi suoi limiti tattici, che non ha però evidentemente, saputo infondere quell’animus pugnandi che aveva promesso, e che avrebbe in molte occasioni potuto sopperire alle carenze tecniche. Infine i giocatori, che al di là delle loro qualità e dello spaesamento tattico, non hanno saputo esprimere l’orgoglio per la maglia.

Senza traguardi, precocemente abbandonati, senza non poter chiedere più nulla alla classifica forse anche i giocatori come tutti i tifosi, vivono con apprensione o speranza la partita della vendita delle quote societarie.  Lo spirito di contrapposizione tra Guelfi e Ghibellini sembra riproporsi tra i media che scommettono sull’arrivo di Mr. Bee o di Mr. Lee, sostenuti da cordate che paiono rinverdire cospirazioni mondialiste ed unire capitali in arrivo da contrapposti mercati esotici. Capiamo che il gioco al rialzo sia negli interessi della proprietà che anche quest’anno ha, da bilancio, lasciato un bel assegnone, ma il tifoso milanista spera che chi arriverà, se arriverà, si affidi chi ha veramente questi colori nel cuore. Fantasiose soluzioni tecniche di nome, ma che non hanno niente a che vedere con la storia del Milan, mi auguro rimangano solo voci di mercato. Sempre che, e non ne sarei stupito, alla fine queste acquisizioni non si rivelino parziali e ci sia un continuum di gestione, ma ricapitalizzata. Il progetto del nuovo stadio, rilanciato in queste ore e sempre più in pole position per essere approvato dalla Fondazione Fiera, prospetta un futuro pianificato ed innovativo. L’importante per i tifosi è che si torni a credere di poter tornare grandi, si torni a sperare ed ambire a traguardi ambiziosi, che si possa riportare il Milan alla sua storica e naturale posizione nell’elite italiana ed europea. basterebbe la metà dei successi ottenuti negli ultimi trent’anni. In fondo siamo “casciavitt” e teniamo i piedi per terra. Chissà come si dice cacciavite in thailandese o in cinese. Chissà se l’han mai visto un casciavitt..

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