Zero Amor Proprio: un’accozzaglia di persone indossano la maglia dell’Ac Milan

Zero Amor Proprio

“Non ho mai visto giocare una partita di Champions in questo modo. Manca proprio la base”. No, non l’ha detta un opinionista sportivo, nemmeno un addetto ai lavori e neanche il classico tifoso da bar.

Quella frase l’ha pronunciata Sergio Conceicao, al termine dell’ennesima, scadente prestazione del Milan, sconfitto a Zagabria dalla Dinamo, perdendo così l’opportunità di entrare nelle prime otto d’Europa.

Ma non ci interessa al momento questo, ci vogliamo focalizzare proprio su quelle parole pronunciate dal portoghese, che non sono nient’altro che l’eco del suo predecessore Fonseca: un’analisi lucida e allo stesso tempo svilita dell’attuale ambiente rossonero.

La partita di Zagabria consegna ai tifosi del diavolo un verdetto terribile sul Milan: questa squadra, in questo momento, può perdere contro chiunque. O meglio, tutti possono quantomeno ferirla con estrema facilità. Ma non è nemmeno questa la notizia peggiore: quello che logora il popolo milanista è l’impressione di assistere ad un’accozzaglia di persone a cui non importa assolutamente niente non solo del Milan, ma proprio del gioco del calcio.

Signori rendiamoci conto che si sta discutendo in questi mesi sulla “mancanza di voglia” da parte dei giocatori di scendere in campo. E, per quanto queste siano opinioni, le prestazioni del “gruppo” sono sotto gli occhi di tutti. Ripetiamo: mancanza di voglia di giocare a calcio con la maglia dell’Ac Milan. Forse una juniores provinciale può avere dei cali di motivazione legati al mondo calcistico e sportivo, non di certo un calciatore di una società di Serie A. Non esiste proprio.

Passi l’errore di Gabbia (uno dei pochi se non l’unico che tiene ancora alla maglia), ma la gara contro i croati è aberrante: zero grinta, zero compattezza, corse a vuoto, fermi sul posto a guardare gli avversari fare triangolazioni; per non parlare di quando il pallone era in possesso rossonero: controlli sbagliati a ripetizione, passaggi imprecisi da cinque metri, litigate con le zolle del terreno, mai una combinazione studiata per creare superiorità numerica.

Giustificabile se in campo ci fosse gente di livello amatoriale, appunto, non i Leao, i Theo, i Morata e compagnia. Proprio questo che rende frustrante l’umore dell’ambiente rossonero: non è assolutamente una questione tecnico-tattica, è qualcosa di più grave, di più difficile da estirpare: la mentalità. Quella che Conceicao sta urlando a gran voce, ma che nessuno sembra volerlo ascoltare. Eppure quella Supercoppa è stata vinta con carattere, con spirito, con voglia, insomma: un piacevole oasi di illusione in mezzo ad un deserto di nulla.

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