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EDITORIALE DEL GIORNO
Ancelotti alla UEFA: “La gioia più grande? Manchester nel 2003”
L’ex tecnico del Milan Carlo Ancelotti ha parlato in giornata ai microfoni della UEFA.
Tra gli argomenti trattati, ovviamente, non poteva mancare l’imminente finale di Champions League, in programma il 24 maggio, contro i cugini dell’Atletico. Lui nella sua carriera di finali ne ha giocate tante, sia da calciatore che da allenatore. Tra le tante gioie, non si può non ricordare il tris messo a segno dal 2001 al 2009 con il suo glorioso Milan. Ecco le sue parole: “Nella finale contro la Steaua (1988-1989) ricordo che la gara era già terminata nel primo tempo, inoltre lo stadio era pieno di tifosi e questo è stato di grande aiuto. L’anno successivo fu diverso: a fine stagione non giocavamo più molto bene e vincemmo (contro il Benfica) solo grazie alla solidità difensiva ed al gol di Rijkaard“. Sulla finale di Manchester, contro la Juventus, Ancelotti non ha dubbi: “Giocavamo contro un avversario italiano e molto forte: a livello di emozioni credo che sia stato il massimo. Quella dell’Old Trafford è stata la prima finale da allenatore e ricordo tutte le emozioni, le sensazioni; i calci di rigore sono una parte della gara che non puoi preparare tecnicamente, è soprattutto una questione psicologica. Vi posso assicurare che non è semplice trovare 5 giocatori che abbiamo la sicurezza di calciare”. Un pensiero anche alla finale di Istanbul persa contro il Liverpool: “Credo che quello sia stato il miglior primo tempo disputato da una mia squadra. Purtroppo quello che è accaduto dopo è difficile da spiegare. In sei minuti è avvenuto tutto ciò che in una finale non si era mai visto, è l’incredibile di questo sport. Mi è capitato spesso di pensarci, ma in soli 6 minuti un allenatore può far nulla”. Chiusura sulla rivincita di Atene: “L’appuntamento con il destino. Ho subito detto ai miei giocatori che quella partita non si poteva perdere. Quando abbiamo saputo che la finale si sarebbe disputata contro i Reds abbiamo subito realizzato che quello era un segno del destino”.
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