Milan: delusione derby. Si cercano grinta e gol

Fabio Conte

I derby si devono vincere aveva detto Inzaghi alla vigilia ed aveva ragione. Altrimenti, com’è capitato ai tifosi rossoneri, si esce dallo stadio delusi ed arrabbiati.

La valutazione del valore della propria squadra a Milano non può prescindere dalla comparazione con l’altra metà del Naviglio. I sostenitori di entrambe le squadre sono convinti, in cuor loro, di essere superiori ai dirimpettai. Ed il derby è la prova del nove. Uscire sconfitti a volte può essere però meno deludente di qualche pareggio. Schelotto e Palacio per esempio, hanno firmato, con diversa classe, due recenti sconfitte che mi hanno fatto maledire più il fato e l’imprevedibilità di questo gioco che la prestazione dei rossoneri. Da San Siro invece domenica, i milanisti sono usciti scontenti e stizziti. A peggiorare l’impressione dell’occasione persa sono stati anche i sorrisi e il malcelato sollievo dei tifosi nerazzurri. Nonostante la grancassa mediatica dell’ultima settimana s’è visto, infatti,  che Mancini non ha la bacchetta magica, e le difficoltà di Mazzarri erano figlie di problemi di organico. Certo anche noi abbiamo delle lacune ma la formazione schierata dal nostro mister ha avuto, a mio parere, più difficoltà sul piano tattico e di carattere. Archiviata come inguardabile ed imbarazzante la prova di Muntari, e con una sufficienza risicata quella di Essien credo che -col senno del poi ovviamente- si potesse provare Van Gikel o Poli che avrebbero potuto dare un po’ di fosforo ad un centrocampo assente in fase di costruzione, col solo Bonaventura a fare gli straordinari, pur se relegato sulla destra. In avanti, qualche ghirigoro o pausa di Menez viene compensata dai colpi di classe, vedi il gol, che riesce a creare. Nei pochi minuti avuti a disposizione, Honda è sembrato come sempre lucido e motivato. Un bel cross decisivo, finalmente di sinistro, e i consueti puntuali rientri in copertura attenuano in parte, la sciagurata occasione sprecata nel secondo tempo da El Shaarawy, ma lui s’è fatto trovare pronto sul geniale assist di Bonaventura. Diverso è il caso, perché di caso ormai si tratta, di Fernando Torres. Chi ha seguito la carriera  dello spagnolo sa che il trend delle ultime stagioni non faceva di lui una macchina da gol. Puntuali comunque le sue reti quando veniva chiamato in causa, specialmente se la gara aveva rilevanza. Oggi sembra un fantasma: appare sorpreso dalle rudezze dei difensori nostrani, senza malizia, non lotta, ma soprattutto non segna.  Oggi, per forma fisica e forza non può rappresentare la punta di riferimento di cui la squadra necessita. Un centravanti deve fare gol e non (solo) movimenti giusti, soprattutto se al suo fianco non c’è una seconda punta dalla grande capacità realizzativa.  Perché dunque non si pensa ad un suo inserimento graduale, per lui e per il suo approccio alle astuzie del nostro campionato, che sfrutti le sue attuali peculiarità. Inutile secondo me cercare il giocatore di Liverpool di anni fa, meglio sfruttare la sua intelligenza tattica facendolo entrare, come arma in più, a partita iniziata. Meglio quindi affidarsi alle tre punte di movimento, che non danno riferimenti agli avversari, o dare una chance a Pazzini. Non posso credere che se avesse avuto lo stesso minutaggio dello spagnolo, la punta toscana non avrebbe arraffato, cercato, trovato qualche occasione in più sotto porta. Il Milan non può aspettare ancora, i tifosi non meritano un altro anno di mediocrità, o almeno pretendono che si provi con ogni mezzo, con maggior carattere e più grinta, ad inseguire fino alla fine il sogno Champions, visto anche che le dirette concorrenti all’unico biglietto per il paradiso, balbettano e rallentano. E se una delle pretendenti è la nostra avversaria vista domenica, con un po’ più di animus pugnandi, con più rabbia e determinazione ci si può credere. Su Milan, provaci!

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